Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali o M.I.C.I. (universalmente indicate anche con la sigla IBD, dall'inglese Inflammatory Bowel Diseases) includono la rettocolite ulcerosa, la malattia di Crohn oltre ad alcune coliti cosiddette "indeterminate" le cui caratteristiche richiamano quelle delle due malattie principali.
Si tratta di processi infiammatori cronici che presentano aspetti tra loro comuni, ma anche differenze di un certo rilevo.
L'incidenza reale delle IBD in Italia non e' nota con precisione, ma stime recenti ipotizzano circa 170.000 malati tra colite ulcerosa e malattia di Crohn.Entrambi i sessi sono colpiti, con una maggior frequenza nella fascia di eta' tra 1 15 ed i 40 anni.
A tutt'oggi, nonostante gli studi vasti ed approfonditi condotti incessantemente in tutto il mondo, le cause di queste malattie rimangono purtroppo oscure. Ovviamente cio' determina l'impossibilita' di mettere in atto terapie mirate che,rimuovendo la causa di malattia, possono indurre una guarigione definitiva.
Sono stati comunque identificati vari fattori che possono giocare un ruolo importante nello sviluppo della malattia.
Esistono anzitutto fattori genetici, che predispongono alla comparsa delle malattie infiammatorie croniche e che giustificano la maggiore incidenza di tali malattie all'interno di determinati gruppi etnici o familiari.
L'identificazione dei geni responsabili nelle mappe cromosomiali potra' verosimilmente in futuro permettere una piu' precoce individuazione dei pazienti destinati a sviluppare una IBD e, si spera, a predisporre specifici interventi terapeutici. La predisposizione genetica non e' di per se sufficiente se non intervengono altri fattori, ad esempio fattori infettivi, vuoi batterici che virali.
L'attenzione dei ricercatori si e' ad esempio focalizzata,in passato, sui Micobatteri atipici (diversi,cioe',da quelli che provocano la tubercolosi) e,piu' recentemente, sul virus del morbillo, ma le evidenze scientifiche rimangono piuttosto contradditorie e,di fatto, assai deboli.
Analogamente,la ricerca di eventuali fattori alimentari implicati nelle malattie infiammatorie intestinali non ha mai prodotto alcun risultato concreto.
E' invece interessante ricordare l'esistenza di un diverso rapporto fra fumo di sigaretta e IBD. I pazienti con malattia di Crohn sono spesso fumatori ed e' accertato che il fumo esercita un effetto sfavorevole sulla malattia, al contrario i pazienti con colite ulcerosa sono di norma non fumatori o, spesso, ex-fumatori, in cui il fumo, attraverso meccanismi ancora mal definiti, esercita un effetto protettivo sul colon.
E' dato di osservazione comune che spesso le malattie infiammatorie intestinali, in particolare la colite ulcerosa, presentano il loro esordio clinico in concomitanza con eventi stressanti (gravi lutti familiari, perdita del lavoro etc) e che disordini nella sfera emotiva possono favorire la riaccensione di queste malattie. Di qui l'importanza dei fattori neuropsichici ,anche se i meccanismi con cui ansia e depressione intervengono sulla malattia non sono completamente chiari.
Una risposta immune eccessiva e disordinata giustifica l'efficacia terapeutica di farmaci che agiscono a questo livello (immunosoppressori, oltre agli stessi cortisonici) , il che conferma l'esistenza e l'importanza dei fattori immunologici. Se questi costituiscano un meccanismo primario di malattia o siano dei fenomeni secondari che intervengono in un secondo tempo ad aggravare e perpetuare l'infiammazione intestinale non è tuttora ben stabilito.
L'importanza dei fattori immunologici e' ulteriormente sottolineata dal fatto che ,sia nella colite ulcerosa che nella malattia di Crohn possono coesistere manifestazioni extra-intestinali, segno che tali malattie sono legate ad un disordine generale dell'organismo. Le manifestazioni intestinali possono riguardare le articolazioni (artriti,spondilite), la cute (eritema nodoso,pioderma gangrenoso), l'occhio (es. uveiti), le vie biliari (colangite sclerosante).
La colite ulcerosa e' caratterizzata da uno stato infiammatorio a carico della mucosa (il rivestimento interno) del grosso intestino, con arrossamento, fragilita' e vere e proprie ulcerazioni. La malattia colpisce sempre il retto e può coinvolgere anche i tratti intestinali a monte, limitandosi al solo colon sinistro o estendendosi sino al trasverso e al colon ascendente. Quando e' interessato l'intero colon si parla di pancolite.
Pancolite ulcerosa
( in rosso evidenziate le zone d'intestino colpite dal processo infiammatorio ).
L'esordio della malattia puo' essere subdolo (episodi di diarrea saltuaria, crampi addominali) o violento, con diarrea sanguinolenta o emissione di sangue dal retto anche senza feci, febbre, dolori addominali.
L'intensita' dello stato infiammatorio e l'estensione della malattia determinano la gravita' del quadro sintomatologico. In alcuni pazienti la malattia alterna fasi acute a fasi di remissione,durante le quali i sintomi possono sparire completamente. In altri casi vi e' la persistenza,nel tempo, di disturbi modesti,ma continui.
Complicanze intestinali della colite ulcerosa sono perforazioni, emorragie massive ed il cosiddetto "megacolon tossico" uno stato di grave paralisi e dilatazione del colon, spesso indotto dall'uso incongruo di antispastrici intestinali.
Nelle forme di colite ulcerosa estesa che perdura da oltre 7-10 anni vi e' un aumentato rischio di evoluzione della malattia verso lo sviluppo di un cancro del colon, per cui e' importante la sorveglianza mediante esami endoscopici periodici con controllo istologico.
La diagnosi di malattia si pone mediante la colonscopia, corredata da biopsie multiple per l'esame istologico. Nelle fasi acute gli esami di laboratorio mostreranno aumento degli indici infiammatori (VES, leucociti, proteina C reattiva etc).
La terapia medica si avvale principalmente dei derivati del 5-ASA (Mesalazina etc), che hanno ormai quasi completamente sostituito la vecchia Sulfasalazina. La Mesalazina si puo' somministrare sia per bocca che per via rettale (clismi,schiume,supposte etc) a seconda della localizzazione della malattia ed e' utilizzata sia in terapia di attacco nelle forme ad intensita' lieve-moderata, che come terapia di mantenimento a lungo termine.
Nelle fasi acute di malattia e' necessario ricorrere per periodi limitati di tempo ai cortisonici, o per via orale o, se necessario, per via endovenosa.
Nei pazienti resistenti ai cortisonici o che recidivano ogni qual volta il cortisonico venga sospeso (cosiddetti soggetti steroido-dipendenti) e' opportuno ricorrere ai farmaci immunosoppressori (Azatioprina, 6-Mercaptopurina etc) che,se efficaci, vanno somministrati per anni.
La terapia chirurgica in urgenza e' indispensabile nelle forme fulminanti o complicate da megacolon tossico che non rispondono al trattamento medico, nelle perforazioni e in caso di segni di evoluzione maligna all'esame istologico.
Trattamento chirurgico in elezione e' per lo piu' riservato ai casi in cui vi siano recidive frequenti, sintomi invalidanti e in generale insoddisfacente risposta alla terapia medica.
La asportazione totale del colon con risparmio del retto e' oggi praticata sempre piu' raramente ed anche l'intervento radicale (proctocolectomia) con confezionamento di ileostomia permanente tende ad essere abbandonato in favore della proctocolectomia restaurativa.
Questa evita di ricorrere all'ileostomia, mediante confezionamento di una tasca (pouch) con tessuto prelevato dall'ultimo tratto dell'intestino tenue (ileo) che svolge le funzioni del retto asportato.
La Malattia di Crohn si caratterizza per alcuni aspetti che lo differenziano dalla colite ulcerosa.
Anzitutto il processo infiammatorio non e' limitato alla superficie mucosa,ma puo' interessare la parete intestinale a tutto spessore, con conseguenti esiti fibrotici. Secondariamente la malattia puo' colpire qualunque tratto del tubo digerente, in pratica dalla bocca all'ano, pur essendo piu' frequentemente localizzata a livello del piccolo intestino e/o il colon.
La tipica localizzazione nel segmento finale dell'intestino tenue giustifica le iniziali definizioni della malattia di Crohn,chiamata in passato "ileite terminale" o "enterite segmentaria". Infine,un altro aspetto differenziale rispetto alla colite ulcerosa e' che nella malattia di Crohn l'estensione della malattia e' irregolare, con alternanza di aree sane ed aree malate.
Malattia di Crohn
( si evidenzia l'estensione irregolare della malattia, con alternanza di aree sane ed aree malate ).
La variabile localizzazione del processo morboso fa si che la sintomatologia accusata dai pazienti non sia sempre univoca: vi possono essere dolori addominali, diarrea o anche stitichezza da difficolta' di transito per presenza di stenosi, febbricola, malassorbimento alimentare (se e' interessato il piccolo intestino,sede dei processi di assorbimento).
In circa il 30% dei casi si formano delle fistole ,cioe' tragitti che collegano la parete dell'intestino con la cute o con organi vicini (vagina,vescica,altri tratti dell'intestno). Particolarmente frequente la comparsa di fistole ed ascessi in regione perianale. Una delle piu' comuni complicanze della malattia di Crohn a sede ileale e' la formazione di restringimenti (stenosi), che, ostacolando il passaggio del materiale intestinale possono provocare sub-occlusioni o occlusioni intestinali, che necessitano talora di intervento chirurgico.
Piu' rare sono le perforazioni ed il megacolon tossico. La malattia e' diagnosticata solitamente mediante colonscopia con eventuale ileoscopia retrograda o, nelle localizzazioni ileali, mediante studio radiologico del tenue.
Gli esami di laboratorio mostreranno aumento degli indici di flogosi nelle fasi di attivita' di malattia ed eventualisegni di malassorbimento quando e' interessato il piccolo intestino.
La terapia medica della malattia di Crohn si avvale sostanzialmente degli stessi farmaci gia' descritti per la colite ulcerosa: cortisonici per via endovenosa o per os nelle forme acute, Mesalazina (preferibilmente a liberazione ileale se vi e' interessamento dell'intestino tenue) nelle forme acute di modesta intensita' ed in terapia di mantenimento.
Utili gli immunosoppressori se vi e' resistenza o dipendenza al trattamento con corticosteroidi. Specialmente nelle forme ileali e in presenza di fistole si e' rivelata efficace la terapia prolungata con antibiotici quali il Metronidazolo e/o la Ciprofloxacina. Nei casi resistenti alla terapia con steroidi o complicati dalla presenza di fistole si e' rivelato efficace l'Infliximab (anticorpo monoclonale che blocca una importante sostanza ad azione infiammatoria denominata TNFalfa) che viene somministrato periodicamente per mezzo di infusioni endovenose. Il farmaco e' tuttavia controindicato se vi e' stenosi ileale.
Diversamente che nella colite ulcerosa l'intervento chirurgico non costituisce mai una cura definitiva, data la capacita' della malattia di ricomparire in qualunque tratto residuo del tubo digerente. Le indicazioni alla chirurgia sono soprattutto le stenosi ileali di grado marcato e le fistole.
_____________
Suggerimenti alimentari SU
Va innanzitutto sottolineato che non esistono cibi specifici che causino la MC o la CU e pertanto la dieta dovrebbe essere variata e comprendere tutti i principali gruppi di nutrienti. Le necessità di limitazioni dietetiche rappresentano una eccezione e sono conseguenza di situazioni particolari o di complicanza delle malattie. E' invece più frequente, in particolare nella MC, che a causa delle lesioni intestinali si possano determinare dei deficit nutrizionali conseguenti ad un malassorbimento. Ciò è vero in particolare quando la malattia coinvolga l'intestino tenue o siano state effettuate resezioni chirurgiche. In questi casi possono verificarsi delle carenze in particolare di vitamina B12, acido folico, vitamina C oltre che di vitamine liposolubili (Vit A, Vit D, Vit E), di calcio e di ferro. Una assunzione prolungata di queste sostanze va però effettuata sotto controllo medico e solo quando sia realmente necessario, anche se periodiche reintegrazioni di Vit D sono consigliabili per ridurre il rischio di osteoporosi. Il latte ed i latticini freschi in alcuni pazienti puossono essere fonte di disturbi per il mancato assorbimento del lattosio, lo zucchero del latte. Questa situazione è assai frequente nella popolazione generale in Italia, ma i suoi effetti possono diventare più marcati nei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali. In linea di perincipio chi tollerava bene il latte ed i latticini prima della malattia può continuare ad utilizzarli anche nel corso della malattia. La assunzione con la dieta del latte e dei suoi derivati va mantenuta per quanto possibile perché essi rappresentano una ottima fonte di calcio e proteine. Qualora la malattia sia particolarmente attiva od esistano dei restringimenti del lume intestinale (stenosi) è consigliabile evitare i cibi che contengono fibre e semi che possono accentuare i sintomi o determinare occlusione. In alcuni casi più gravi che presentino episodi occlusivi o subocclusivi può essere necessario ricorrere ad una dieta liquida o semiliquida. In tutti gli altri casi, quando non vi siano stenosi, non è necessario ridurre drasticamente la assunzione di frutta e verdura che forniscono al nostro organismo molte vitamine ed utili micronutrienti. Le verdure, la frutta e i cereali con la loro parte non assorbibile sono alla origine nel colon di prodotti di fermentazione che svolgono un ruolo importante per il benessere della mucosa intestinale. E' importante ricordare che osservare la presenza di residui di frutta e verdura nelle feci non rappresenta un problema (o ancor peggio una causa di diarrea), ma indica soltanto che questi alimenti ricchi di fibre sono rimasti all' interno del colon un tempo troppo breve perché i batteri intestinali potessero fermentarli completamente. Nei pazienti con MC sottoposti ad interventi di resezione dell'intestino tenue vi è un aumento dell'assorbimento intestinale di alcuni sali (gli ossalati) che sono i principali responsabili di un aumentato rischio di calcolosi renale in questi pazienti. E' quindi opportuno ridurre la assunzione dei cibi che contengono alte concentrazioni di ossalato,quali gli spinaci, la cioccolata, i pomodori soprattutto se poco maturi e bevande come la Coca Cola. Inoltre, poiché l' assorbimento intestinale di ossalati (e quindi la eliminazione per via renale) aumenta quando vi sia un ridotto assorbimento di grassi è una misura prudenziale il seguire una dieta a basso contenuto di grassi (olio, burro, margarina e formaggi). Va comunque sottolineato che l'esperienza individuale è importante per scegliere la dieta più adatta, anche se vanno evitate le limitazioni eccessive. Spesso infatti si tende ad attribuire a questo od a quell'alimento la responsabilità di sintomi che derivano invece dall'attività della malattia. Ciò può portare ad una dieta eccessivamente limitata, che non solo non è utile ma spesso può essere dannosa.
Quale è la terapia medica ? SU
Anche se gli schemi terapeutici sono sufficientemente ben codificati, i risultati della terapia dipendono in misura rilevante dalla esperienza specifica del medico nel campo delle IBD, in particolare nelle forme gravi o complicate. E' quindi di primaria importanza che i pazienti con CU o MC vengano seguiti in centri specializzati. l trattamento di queste malattie ha come obiettivi: a) il raggiungimento della remissione nei pazienti con malattia attiva, riducendo o eliminando il processo infiammatorio, b) il mantenimento della remissione nei pazienti con malattia non attiva, riducendo la probabilità di una ricaduta, c) il mantenimento di uno stato nutrizionale adeguato e di una qualità di vita soddisfacente. I farmaci disponibili sono raggruppabili in alcune categorie comprendenti i farmaci antinfiammatori classici (aminosalicilati e cortisonici), gli immunomodulatori e immunosoppressori (azatioprina, 6-mercaptopurina, metotrexate, ciclosporina), gli antibiotici e le cosiddette "terapie biologiche". Gli aminosalicilati rappresentano insieme ai cortisonici il primo gruppo di farmaci che si è dimostrato utile nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, della colite ulcerosa in particolare. Il primo farmaco di questa famiglia è stata la salazopirina (o salicil-azo-sulfapiridina), una molecola composta da una frazione antinfiammatoria ( 5-ASA detto anche mesalazina) ed una frazione sulfamidica. Sono state successivamente messe a punto tecniche farmaceutiche che hanno consentito di far giungere il 5-ASA nel colon o nell' ileo distale, somministrandolo per bocca, senza che fosse necessario legarlo alla frazione sulfamidica, responsabile talora di effetti indesiderati. Per questo scopo sono disponibili diverse forme di rivestimento del farmaco o forme di rilascio controllate. La dose consigliata per la terapia orale della malattia attiva è di 2.4 - 4 al giorno, mentre per ridurre il rischio di una recidiva sembrano adeguate dosi leggermente inferiori. Per le forme distali della malattia, che coinvolgono il retto o il colon sinistro, sono disponibili formulazioni farmacologiche utilizzabili per via rettale come clismi, schiume, gel e supposte. I corticosteroidi (idrocortisone, metilprednisolone, prednisone etc.) sono i farmaci di primo impiego per il trattamento della fase acuta della malattia, in particolare per il controllo degli attacchi di maggiore gravità. In questo caso la somministrazione deve avvenire per via endovenosa o intramuscolare, mentre le molte formulazioni orali sono adatte al trattamento delle forme di gravità minore. Anche questo gruppo di farmaci può essere somministrato per via topica. La efficacia dei cortisonici è in genere buona, ma non sono infrequenti effetti indesiderati associati al loro uso prolungato, in paricolare la osteoporosi, la ritenzione di acqua e sali ed un peggiore controllo della glicemia. Per evitare questi problemi vengono impiegate strategie diverse, tra le quali la più promettente si basa sull'uso locale di cortisonici poco assorbibili (come il beclometasone) o quello di molecole che vengono metabolizzate rapidamente , come la budesonide. Gli immunosoppressori rappresentano un gruppo di farmaci utilizzato sempre più frequentemente nella IBD, in particolare nella MC o in quei casi che non rispondano alla terapia tradizionale o siano steroido-dipendenti. La azatioprina e la 6-mercaptopurina sono in uso da oltre 40 anni ed hanno una efficacia ormai ben documentata. In particolare essi vengono impiegati nei pazienti con MC scarsamente sensibile alle altre terapie, quando vi siano fistole o vi sia una alta tendenza a recidivare. L'uso di questi farmaci presenta però delle limitazioni, sia perché la loro efficacia richiede tempi lunghi per menifestarsi a pieno, sia perché non sono rari gli effetti collaterali, che vengono osservati nel 5-10% dei casi. Tra questi il più importante è la riduzione della capacità di produrre i globuli bianchi ed i globuli rossi. La riduzione eccessiva dei primi riduce le capacità di difesa dell'organismo e favorisce il rischio di infezioni anche gravi. Per questo motivo i pazienti in trattamento con questi farmaci deve controllare ad intervalli ravvicinati alcuni valori di laboratorio, in particolare l' emocromo, la lipasi e la amilasi. Infatti i principali effetti indesiderati, tranne i fenomeni allergici, sono legati all' accumulo del farmaco nell' organismo e gli effetti sono graduali, e dunque identificabili e prevenibili prima che comportino un rischio rilevante. La ciclosporina è un altro farmaco immunosoppressore, che si caratterizza per la maggiore rapidità di azione (1-2 settimane), attivo nelle forme acute, ma che sembra poco efficiente nel mantenere la remissione. Sembra però un farmaco utile nei casi più gravi per superare la fase acuta dell' attacco e consentire il ricorso alla chirurgia in un momento successivo, quando le condizioni del paziente siano migliorate. L'uso degli antibiotici è di consolidata utilità in paricolare nella MC, in particolare quando siano presenti ascessi o fistole. I farmaci più usati sono il metronidazolo ed i chinolonici, come la ciprofloxacina. Esistono infine nuovi approcci terapeutici, le cosiddette terapie biologiche, attualmente in studio, che hanno l' obiettivo di bloccare la malattia agendo in maniera selettiva sui meccanismi di controllo della infiammazione. Tra queste la più utilizzata al momento sono gli anticorpi anti TNFa che è particolarmente promettente nel trattamento della MC fistolizzante. Altre molecole di notevole interesse sono in corso di valutazione.
Quale è la terapia chirurgica? SU
Il rischio di dover prima o poi affrontare un intervento chirurgico nel corso di una IBD è diverso nella CU e nella MC, così come sono in genere diversi i motivi per i quali è necessario ricorrere alla chirurgia. In linea di massima si ritiene che circa un quarto dei pazienti con CU debba affrontare un intervento chirurgico legato alla sua malattia. Nella MC il rischio è più elevato, raggiungendo i due terzi- tre quarti dei casi. L' intervento può essere considerato curativo nella CU in quanto viene rimosso tutto il tratto di intestino malato. Diverso è il discorso per la MC nella quale l' intervento chirurgico risolve i problemi in atto ma non mette al riparo da recidive. In entrambi i casi la scelta del tipo di intervento è molto delicata e deve essere effettuata insieme dal gastroenterologo e dal chirurgo, che deve necessariamente essere particolarmente esperto di queste malattie.
Quali sono i motivi che conducono alla chirurgia nella colite ulcerosa ?
Un intervento chirurgico si può rendere necessario in condizione di urgenza o emergenza quando si verifichino complicanze gravi della malattia, come la perforazione o il megacolon tossico, oppure quando un attacco grave non risponda adeguatamente ad un trattamento medico intensivo. In altri casi può essere pianificato un intervento (di elezione) quando la malattia sia cronicamente attiva nonostante una terapia medica adeguata o richieda l' uso continuo di cortisone per essere mantenuta in remissione. Un'altra causa di chirurgia è l' aumento di rischio di cancro in una malattia estesa e di lunga durata, segnalato dalla presenza di displasia. Questa consiste in alcune modificazioni della mucosa, identificate su biopsie, che indicano che il rischio di sviluppare un tumore è decisamente più elevato rispetto ai soggetti sani ed ai pazienti con CU che non presentano questa alterazione.
Quali sono i tipi di intervento più frequenti nella colite ulcerosa ?
Poiché la malattia coinvolge potenzialmente tutto il colon l' intervento di scelta, qualunque sia la tecnica utilizzata, deve prevedere la asportazione di tutto il colon ed il retto. Per consentire il mantenimento delle normali funzioni intestinali, quando possibile viene ricostruito un nuovo retto utilizzando un breve tratto dell' intestino tenue (ileo-ano anastomosi con pouch ileale). Nei soggetti più giovani può in alcuni casi essere scelto un intervento che mantenga il retto malato (ileo-retto anastomosi). Questo intevento è meno demolitivo e tecnicamente meno complesso ma, lasciando un tratto di mucosa malata (il retto) comporta la mecessità di continuare la terapia ed i programmi di sorveglianza endoscopici.
Quali sono i motivi che conducono alla chirurgia nella malattia di Crohn ?
Diversi e più complessi sono i motivi che possono portare all' intervento chirurgico nella MC. La malattia infatti può interessare tratti diversi dell' intestino ed assumere forme cliniche diverse (infiammatoria, fistolizzante, stenosante). Gli interventi possono pertanto riguardare l' intestino per risolvere problemi di stenosi, perforazione, megacolon tossico, sanguinamento massivo o la formazione di fistole tra segmenti intestinali o con organi vicini. In altri casi la chirurgia si rende necessaria per risolvere complicanze della malattia come la formazione di ascessi ed in questo caso gli interventi possono essere locali e non comportare necessariamente la resezione di segmenti intestinali.
Quali sono i tipi di intervento più frequenti nella malattia di Crohn ?
Gli interventi che più frequentemente si rendono necessari sono quelli di resezione (cioè di asportazione) di un tratto intestinale malato. Qualora la zona di calibro ristretto sia molto breve possono essere impiegate tecniche operatorie conservative (stretturoplastica) che consiste nella eliminazione del tratto ristretto intervenendo sulla zona malata senza asportarla. In casi selezionati se la zona stenotica sia breve e situata in un tratto di intestino raggiungibile endoscopicamente possono essere effettuate manovre di dilatazione. Assai frequenti sono gli interventi di drenaggio di ascessi e fistole che, in relazione al tipo, alla sede ed alle dimensioni possono essere effettuati con tecniche diverse, ricorrendo di volta in volta alla chirurgia, alla radiologia operativa o alle tecniche guidate ecograficamente.
Quale è il rischio di recidiva post-operatoria dopo un intervento di resezione e come va trattata?
Nella colite ulcerosa l'intervento di colectomia totale elimina completamente il tratto malato e dunque il rischio di recidiva è assente. Possono però verificarsi forme di infiammazione del nuovo "retto" (pouchiti) che richiedono un trattamento medico specifico basato sull' uso di alcuni antibiotici. Nella malattia di Crohn, invece, il rischio di recidiva a monte del tratto intestinale asportato è elevato. Poiché però il rischio di recidiva ed ancor più la sua gravità possono essere ridotti con un trattamento medico, è estremamente importante che la terapia antinfiammatoria con mesalazina venga iniziata immediatamente dopo l' intervento a dosaggio pieno. Controlli clinici ed endoscopici periodici sono poi necessari per adattare la terapia alle necessità individuali. In caso di recidiva documentata il trattamento non si differenzia da quello impiegato nel paziente non operato con malattia attiva.
Le malattie infiammatorie croniche hanno influenza sulla fertilità e la probabilità di concepire figli?
Poiché CU e MC colpiscono individui in una fascia di età fertile, il problema del rapporto tra queste malattie e la gravidanza è molto sentito e rappresenta spesso una fonte di preoccupazione. La presenza di una IBD non riduce sensibilmente la probabilità di concepire, la fertilità infatti è generalmente normale in entrambi i sessi. Solo nella malattia di Crohn grave ed attiva vi è una modesta riduzione della fertilità, in particolare nella donna, verosimilmente attribuibile alla compromissione dello stato generale ed alla presenza di deficit nutrizionali. Per i maschi che assumano salazopirina è documentata una riduzione del numero degli spermatozoi, ma questo si normalizza rapidamente dopo la sospensione del farmaco.
Quali sono i problemi legati alla gravidanza ?
In linea di massima la probabilità di condurre favorevolmente a termine la gravidanza e che il bambino sia sano sono in pratica sovrapponibili a quelle della popolazione generale, anche se nelle forme più gravi e complicate di malattia gli stessi fattori che possono ridurre la fertilità comportano un lieve aumento del rischio di aborto spontaneo e di parto prematuro. Il parto può essere espletato per via naturale in quasi tutti i casi. Va invece preso in considerazione un parto cesareo in presenza di una malattia perianale attiva, di fistole retto-vescicali, retto-vaginali o perineali e nei casi in cui la paziente sia stata sottoposta ad un intervento addominale nei mesi immediatamente precedenti. Fermo restando il principio generale che una gravidanza va sempre pianificata in una fase di benessere generale e di buono stato nutrizionale, la gravidanza non influisce sul decorso della malattia. Questa tende infatti a rimanere nello stesso stato, di remissione o attività, presente al momento del concepimento. Per questo motivo è buona regola cercare di raggiungere la remissione clinica della malattia prima di affrontare una gravidanza.
In caso di attività della malattia o di riacutizzazione durante la gravidanza che terapia si deve seguire ?
La terapia farmacologica con mesalazina e cortisonici in atto prima del concepimento non deve assolutamente essere sospesa durante la gravidanza e, se necessario, il dosaggio può essere aumentato. Anche se in generale si tende a ridurre al minimo la assunzione di farmaci in gravidanza è noto che questi farmaci non comportano un aumento di rischio per la madre o per il feto. Al contrario, il vero rischio è quello legato alla gravità ed alla attività della malattia. Mesalazina e cortisonici possono essere assunti dalla madre anche durante l'allattamento al seno, è però opportuno un monitoraggio del bambino se i cortisonici vengano assunti a dosaggi elevati. Un discorso diverso deve essere invece fatto per gli immunosoppressori (ciclosporina, azatioprina, 6-mercaptopurina). Anche se nell' uomo i dati disponibili sono confortanti (non è stato documentato un aumento di rischio di malattie o malformazioni nei bambini concepiti durante terapia immunosoppressiva), un aumento di rischio è stato invece osservato in alcuni studi su animale. Per questo motivo è opportuna la massima cautela ed è saggio evitare il concepimento durante la assunzione di questi farmaci e sospenderli in caso di gravidanza.
Quali altre precauzioni sono utili in caso di gravidanza ?
Per quanto riguarda le indagini strumentali in caso di gravidanza vanno evitate tutte le tecniche che comportino la esposizione a raggi X, mentre possono essere eseguite con tranquillità indagini ecografiche, endoscopiche e bioptiche. Poiché si tratta di indagini di recente impiego, e mancano quindi informazioni adeguate, sembra preferibile al momento evitare la risonanza magnetica.
E' possibile condurre una vita normale con malattia di Crohn e la colite ulcerosa ? SU
La qualità di vita (QOL) nei pazienti con queste malattie è in genere paragonabile a quella della popolazione generale, così come non vi è una riduzione della aspettativa di vita legata alle IBD. Per quanto riguarda la qualità della vita non vi sono differenze rilevanti tra i due sessi né sembra importante la durata della malattia. Ha invece importanza, come è logico, la attività della malattia, in particolare quando siano presenti complicanze o vi sia necessità di un intervento chirurgico. La QOL è peggiorata nei portatori di ileostomia, ma la necessità di ricorrrere a questo tipo di intervento è sicuramente meno frequente che in passato. Anche nella MC complicata dalla presenza di fistole è presente una riduzione della QOL che coinvolge principalmente due importanti aspetti, quello emotivo e quello sociale. Durante la fase di remissione o di attività lieve della malattia lo stato di benessere e la assenza di sintomi garantiscono il normale svolgimento delle attività lavorative e della vita sociale ed affettiva. -<<<<<<<<<<<
Problema diffuso quanto spesso misconosciuto dagli stessi medici, la malattia di Verneuil, detta anche idrosoadenite suppurativa, è una malattia infiammatoria piuttosto frequente che tehde a ripresentarsi in diverse localizzazioni e con frequenza variabile, e che può obbligare il paziente a sottoporsi a numerosi intervento chirurgici negli anni e divenire invalidante. Si tratta per questo di una malattia spesso fonte di gravi frustrazioni sia nei pazienti che nei medici che la curano.
Si tratta di una malattia che origina dall'infezione di particolari ghiandole della pelle che sono presenti solo n alcune aree del corpo, cioè la regione del sacro e perianale, gli inguini, le ascelle. Quando queste ghiandole si infettano, si formano degli ascessi, piuttosto dolorosi, ripieni di un pus biancastro, che costituiscono la manifestazione clinica della malattia. Trattandosi di una malattia della pelle, solitamente gli ascessi sono superficiali e non vanno molto in profondità, ma tendono ad espandersi in superficie, coinvolgendo le ghiandole vicine e potendo creare degli ascessi confluenti, ampi, comunicanti tra loro. Quando l'idrosoadenite suppurativa si localizza alla regione sacrale e perianale è possibile confonderla con un sinus pilonidalis o con un ascesso da fistola perianale. In questi casi l'esperienza del medico è fondamentale per evitare interventi chirurgici spesso ripetuti, demolitivi e del tutto inutili. L'accurata ispezione delle ascelle e dell'inguine alla ricerca di eventuali altre localizzazioni può essere comunque di valido aiuto al medico e al paziente per orientare verso una diagnosi corretta.
La terapia è chirurgica: una terapia antibiotica mirata può aiutare a superare la fase acuta, anche se spesso è necessaria l'incisione chirurgica per far uscire il pus. L'intervento curativo consiste nella asportazione della zona cutanea colpita, e nella sua ricostruzione mediante tecniche di chirurgia plastica quali i lembi o gli innesti cutanei. Si tratta di interventi che vanno assolutamente calibrati sul singolo paziente e che non rispondono a regole precise: la sensibilità e l'esperienza del chirurgo sono l'arma principale.
dott. Giuseppe Piasentin
Wednesday, March 05, 2008
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment